LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE OLTRE LO SVILUPPO? OPPORTUNITÀ E OPPORTUNISMI

  • Valerio Bini Università degli Studi di Milano - Geco

Abstract

Il settore della cooperazione internazionale sta vivendo importanti trasformazioninelle pratiche, nelle strategie e forse persino nelle finalità ultime, ma non sembra essersi sviluppato un dibattito pubblico all’altezza dell’importanza della questione. Anche solo osservando lacronaca dell’ultimo anno, in particolare in relazione alla questione migratoria, si può notare come, da una parte,la cooperazione abbia acquisito una nuova centralità nell’opinione pubblica, dall’altra, il dibattito abbia mostrato più di un elemento di debolezza e spesso di confusione: le ONG in particolare sono così diventate, a seconda dei punti di vista, uno strumento per la politica interna (la gestione dei flussi migratori), un oggetto di gravi accuse (scarsa trasparenza e addirittura collusione con attività criminali) o l’ultimo punto di riferimento valoriale di un’Europa priva di direzione (il soccorso in mare dei migranti). Occorre dunque fare chiarezza su quali siano le caratteristiche delle trasformazioni in atto del settore, per identificare le potenzialità e i limiti della cooperazione internazionale del futuro.

Il punto di partenza di molti ragionamenti sul tema, sia in ambito accademico che tra gli addetti ai lavori e nell’opinione pubblica, è la crisi della cooperazione allo sviluppo “convenzionale”, accusata di essere inefficiente e paternalistica, a fronte dell’affermazione di nuove forme di cooperazione più equilibrate e spesso orientate verso dinamiche di mutuo interesse: ciò che Emma Mawdsley ha definito un‘Post-Aid’ world(2013).

La geografia e le scienze sociali hanno da tempo intrapreso un’analisi critica del modello di sviluppo convenzionale, secondo due direzioni principali, una di natura più economica, l’altra più socio-antropologica. La prima si è concentrata sull’efficacia della cooperazione, spesso limitandosi a una difficile contabilità dell’impatto economico dei progetti di sviluppo, ma talvolta, come nel caso di William Easterly,ponendo in evidenza le radici ideologiche di questa “inefficienza” (2015). La seconda ha sottolineato il legame strutturale tra politiche di sviluppo e colonizzazione, mostrando il carattere strumentale di molte iniziative di cooperazione, spesso finalizzate a consolidare l’egemonia delle regioni centrali. In questo settore la bibliografia è assai vasta, ma basti ricordare, in contesti molto diversi, i lavori di Arturo Escobar (Encountering Development, 1995) e James Ferguson (The Anti-Politics Machine, 1990.Il primo ambito di discussione riguarda proprio il tema del legame tra colonizzazione e sviluppo.

Presentiamo di seguito, in forma dialogica, gli esiti del confronto avvenuto nell’incontro, che segue il precedente incontro di Roma, i cui esiti sono stati pubblicati sulla Rivista Geografica Italiana (GeCo).

Pubblicato
2019-05-09